mercoledì 30 novembre 2011

Il moscardino "affogato"

Una premessa: per realizzare questo piatto così semplice eppure così gustoso abbiamo assolutamente bisogno di prodotti di qualità. Ottimi pelati di pomodoro (non lesinate sul prezzo, non è tanta la differenza tra un’ottima e una scarsa qualità) e ovviamente pesce freschissimo. Secondo la mia filosofia bisognerebbe realizzare piatti di pesce solo quando ne troviamo di fresco e adattare le nostre voglie alla disponibilità di materia prima. 
Ingredienti per due persone: 500 gr. di moscardini freschissimi, due barattoli di pomodori pelati, due spicchi d’aglio, olio extravergine d’oliva, prezzemolo fresco, sale qb. Puliamo e laviamo i moscardini in acqua fredda, privandoli degli organi interni e della pelle; in una casseruola dal fondo alto mettiamo i pelati, i moscardini, gli spicchi d’aglio, il sale e l’olio d’oliva. Facciamo cuocere a fuoco lento per circa tre quarti d’ora (ovviamente andrete ogni tanto a girare i molluschi e a verificarne la consistenza). Una volta cotti li disponete in un piatto fondo con una spolverata di prezzemolo fresco.



 Un consiglio: io ci metterei anche un po’ di peperoncino e dei crostini caldi di pane precedentemente sfregati con aglio fresco. Provare per credere, una vera delizia. Buon appetito!


martedì 29 novembre 2011

Seitan alla piastra con scaglie di parmigiano e riduzione di aceto balsamico su letto di spinaci


 Oggi vi propongo un alimento particolare, ancora poco conosciuto e lontano dalle tavole “classiche”. Il mio è solo un invito, non una forzatura ovviamente, a scoprire nuovi sapori, a percorrere strade diverse, che per un motivo o un altro non avete mai avuto l’idea di percorrere. Magari risvegliare il palato anestetizzato da anni e anni dai soliti cibi, pasta, pane bianco, carne, insaccati, cucinati sempre allo stesso modo, senza nessuna sorpresa, senza nessuna novità. Vi invito a provare nuovi sapori, nuovi alimenti, ma anche nuovi modi di cucinare, magari più sani e gustosi. A volte cambiare strada può aprirci un mondo, del quale poi non se ne potrà più fare a meno, senza far male al portafogli.


Ecco una ricetta semplice, gustosa e ricca di proteine, carboidrati e sali minerali. Ma cos’è il seitan? E’ un alimento che deriva dal grano,  che lavorato a più riprese dà origine al glutine. Dopo la sua bollitura, l’impasto prende il nome di kofu che una volta lavorato con alghe kombu e salsa tamati diviene seitan.  Nei negozi si presenta in panetti e l’uso che se ne puo’ fare in cucina è molteplice. Saltato in padella, come se fosse uno spezzatino, alla piastra ecc. La ricetta che andrò a postarvi è molto semplice. Prendete un panetto di seitan (di solito già è suddiviso a metà), accendete la vostra griglia e fatelo cuocere circa tre minuti da un lato e tre da un altro e tagliatelo a rettangoli. Prendete degli spinaci, lavateli e tagliateli come preferite,  adagiate il seitan, grattugiate delle scaglie di parmigiano reggiano e infine la riduzione di aceto balsamico (o comprate quella già pronta nei supermercati o mettete a bollire dell’aceto balsamico fino alla consistenza che preferite). Per finire un giro d’olio extravergine d’oliva e….buon appetito! Ps io lo preferisco senza aggiunta di sale!





lunedì 28 novembre 2011

Un pranzo a sorpresa al Lobs in pieno centro a Firenze

Il pranzo che non ti aspetti, una sorpresa più che gradita al centro di Firenze. Diciamocelo, è davvero difficile trovare un ristorante che abbia pesce fresco e cucinato come Dio comanda. Sarò troppo pignolo, ma ultimamente quando voglio mangiare del buon pesce vado al mercato e me lo cucino a dovere. Ovviamente, sedersi, essere serviti e riveriti e mangiare bene in un posto accogliente da’ sempre un certo piacere.  Al corpo e all’anima. Ma andiamo con ordine. Avevamo acquistato un pranzo a sconto su uno dei siti maggiormente alla moda e che propongono di tutto e di più a prezzi scontatissimi. Ovviamente si rischia di trovare il ristorante mediocre (che rimane mediocre anche senza sconto) e quello di qualità, basta saper scegliere. Siamo d’accordo tutti che se si vuol mangiare pesce fresco e cucinato bene bisogna mettere mano al portafogli, questo è pacifico. Siccome siamo dei curiosi e degli sperimentatori (anche se negli ultimi mesi le nostre visite ai ristoranti sono sempre più sporadiche per una questione qualità/prezzo), abbiamo deciso di acquistare questo coupon. Sembrava di essere in una tipica trattoria marinara, luci soffuse, tavoli di legno molto spartani, tovaglie di carta e un ottimo profumo di pesce nell’aria. Solo che aprendo la porta per uscire ti trovavi davanti la chiesa di Santa Maria del Fiore in pieno centro a Firenze.  Primo punto a favore? La pulizia del bagno. Se un ristorante avesse un bagno sporco (luogo accessibile a tutti) come pensate sarebbe la cucina?Meglio non pensarci. A servire ai tavoli due ragazze disponibili, professionali e per niente invadenti. Per iniziare due calici di vino bianco ghiacciato (finalmente) e per niente annacquato. Gli  antipasti compresi nel coupon erano un piatto di calamari con pomodorini, cruditè di spigola e insalata di calamaretti con julienne di finocchi. Finalmente pesce freschissimo. Una critica ai calamari con i pomodorini. Erano serviti su un letto di insalata mista con della senape. Coraggioso l’esperimento, ma secondo me il calamaretto con il pomodoro (caldo) va’ servito da solo in una terrina, in modo da finirlo con una bella scarpetta (anche se va’ contro il galateo).  Da aggiungere che i piatti avevano un’ottima presentazione.  Il nostro menù continuava con una frittura di calamari,gamberi e alici con verdure in pastella e grigliata mista. Raramente ho mangiato una frittura così leggera, croccante e morbida allo stesso tempo. La pastella, simile alla tempura, dava ai molluschi una leggerezza veramente piacevole. Altrettanto la grigliata mista, con un gamberone, uno scampo, filetto d’orata, una seppia e un filetto di spada e salmone.  Abbiamo poi concluso il tutto con un sorbetto a limone e uno sgroppino (molto rinfrescante) e due caffè (il tutto a 39 euro in due!!!). Visto l’esperimento riuscitissimo abbiamo ordinato anche una crema al mascarpone veramente deliziosa. Che dire, consigliato a tutti coloro che avessero voglia di mangiare pesce fresco cucinato molto bene senza allontanarsi dalla città. Io ci tornerò per la prova del nove: gli spaghetti con le vongole, la mia personale cartina di tornasole! Vi farò sapere. www.lobsrestaurant.com .  Il viaggiatore.

venerdì 25 novembre 2011

Cotolette di fagioli cannellini e rucola

Riallacciandomi a quanto scritto ieri, al potere curativo e preventivo che ha il cibo sul nostro organismo, oggi propongo una ricetta presa dal libro “I magnifici 20” del Dott. Marco Bianchi e che ieri sera ho sperimentato (con ottimi risultati). Unica variante, ho sostituito gli spinaci con la rucola che abbondava nel mio frigorifero (e che ha ottime proprietà anch’essa).  
Ecco le dosi per quattro persone:
200gr. di fagioli cannellini
40 gr. di farina integrale
40 gr. di grana grattugiato
50 gr. di pane grattato
1 spicchio d’aglio
1 uovo
1 pizzico di peperoncino
1 cucchiaio di prezzemolo
Olio extravergine di oliva qb
Sale qb (io non l’ho messo perché l’impasto già era saporito).
Passate i cannellini e ricavatene una crema, poi aggiungete l’uovo, il grana, la farina, lo spicchio d’aglio schiacciato, il prezzemolo e il peperoncino. Formate 6-8 fettine dandogli la forma con le mani (oppure  gli stampini per gli hamburger andranno benissimo) e adagiatele su una teglia leggermente unta in forno caldo per 15-20 minuti a 200°. A parte condite la rucola come più vi piace ed ecco un piatto “diverso” ma ricco di proteine vegetali,  di vitamine e sali minerali. Un suggerimento: se volete rendere le cotolette ancora più appetitose potete utilizzare una riduzione di aceto balsamico una volta cotte oppure della senape. Buon appetito!
ps questa volta la foto non è un granchè, sto aspettando elisa che mi porti il caricabatteria della reflex :)

giovedì 24 novembre 2011

A tavola non s’invecchia, o si invecchia bene?

Sono sempre più convinto che il messaggio da far passare, soprattutto alle nuove generazioni, sia legato all’educazione alimentare. La natura ci offre tutti gli strumenti, ma proprio tutti, affinché possiamo crearci una corazza talmente forte da essere quasi invulnerabili. La nutraceutica, ossia la disciplina che mette in relazione i cibi con il loro potere curativo e preventivo, andrebbe insegnata a scuola. Uno stile alimentare corretto ci farebbe vivere di più e meglio e farebbe risparmiare milioni e milioni di euro al servizio sanitario nazionale per le cure delle varie malattie.  La parola d’ordine è prevenzione, soprattutto a tavola. E’ un investimento che si fa per il futuro, ma che ci fa vivere meglio anche il presente. E poi, mangiare sempre gli stessi alimenti, addormentare il palato, porta davvero alla noia. Dovremmo aprire le nostre dispense a prodotti nuovi, anche molto economici, ma con una forza preventiva e curativa straordinaria. Malattie cardiovascolari, tumori e tante altre dovrebbero, anzi devono, essere combattute e prevenute anche e soprattutto a tavola. Alcuni cibi dovrebbero essere eliminati dalle nostre tavole o consumati una tantum. E’ una questione di abitudine, nulla più: partendo dall’eliminazione (o dal consumo sporadico) di carne, dei grassi animali, di alcuni tipi di cottura come il fritto (una volta ogni tanto è concesso), introducendo spezie nuove coma la curcuma o l’olio di semi di lino. Nei post successivi mi farebbe piacere analizzare alcuni alimenti che hanno un forte potere antinfiammatorio e antitumorale, notizie che rigorosamente prenderò da libri e articoli pubblicati dai più grandi scienziati del settore, allegando anche la bibliografia, in modo tale da fare anche un po’ di “sana” informazione e magari far incuriosire qualcuno di voi a provare delle nuove ricette allo stesso tempo gustose e curative per il nostro organismo.  Per chi abbia voglia di approfondire : “I magnifici 20”, un libro scritto dal dott. Marco Bianchi che lavora presso la Fondazione Italiana per la ricerca sul cancro,  ed. Ponte alle grazie. Buona lettura!

mercoledì 23 novembre 2011

Ravioli di crema di porcini con ricotta di pecora su letto di fonduta di taleggio





Il raviolo è un’arte. Che sia fatto solo con acqua e farina o che sia pasta all’uovo, dev’essere un incontro di amorosi sensi, bisogna mettere amore e passione. La sfoglia è una scusa. Per il ripieno. Sottilissima, quasi trasparente, ad accogliere un impasto cremoso a cui tocca la parte da protagonista. Come al teatro, al cinema, l’involucro dev’essere come un’ottima spalla senza la quale il grande attore si sentirebbe perso. Ma andiamo con ordine. Dosi per una trentina di ravioli di grandezza media.
Per la sfoglia. 400 gr. di farina di semola rimacinata – 100 gr. di farina 00 – 200 ml di acqua tiepida (ovviamente il quantitativo d’acqua può essere inferiore o superiore a seconda del grado d’umidità presente)- un pizzico di sale. Aggiungete l’acqua a filo nella farina e mescolate fino a quando l’impasto non sarà omogeneo ed elastico. Lasciatelo riposare una mezz’ora affinché il glutine faccia il suo lavoro.
Per il ripieno. 500gr di ricotta di pecora  - 300 gr. di porcini – due spicchi d’aglio – un ciuffo di prezzemolo – sale qb. Fate soffriggere due spicchi d’aglio in camicia in olio extravergine d’oliva e adagiate i porcini. Lasciate cuocere a fuoco lento per qualche minuto, dopo di che togliete l’aglio, spegnete il fuoco e cospargete il tutto con il prezzemolo. Frullate i funghi e aggiungete il tutto alla ricotta affinchè non diventi un composto cremoso. Ovviamente assaggiate e iniziate a pregustare la delizia che sta per nascere.
Per la fonduta di taleggio. 200 gr. di taleggio – una noce di burro – un bicchiere di latte – 50 gr. parmigiano reggiano. A bagnomaria fate sciogliere la noce di burro nel latte, aggiungete il taleggio tagliato a cubetti e, una volta sciolto il tutto, aggiungete il parmigiano reggiano. Se il composto dovesse sembrare troppo liquido, aggiungete un cucchiaio di maizena setacciata (ma attenzione ai grumi!).


Stendete un velo di sfoglia, adagiate a mucchietti la crema di porcini con la ricotta e poi coprite il tutto con un altro velo di sfoglia. Fate uscire bene l’aria e con un coppa pasta o un bicchiere andate a dare al raviolo la forma desiderata. Portate l’acqua ad ebollizione (attenzione ad aggiustare bene di sale perché la fonduta di taleggio è molto saporita), tuffate con delicatezza i ravioli e dopo circa quattro minuti scolateli. Prendete un piatto piano e create una base con la fonduta, poi i ravioli e ancora fonduta a coprire. Vi è venuta fame? Buon appetito dal viaggiatore!











venerdì 18 novembre 2011

Un pranzo alla Perlamora

Mi piace gratificare chi lavora bene, chi mette passione in quello che fa, chi cura i particolari e usa prodotti di ottima qualità, chi, soprattutto, mette al centro della sua filosofia il cliente, ma senza esagerare e usare tanti salamelecchi. Qualche settimana fa sono stato con alcuni amici dalla “Perlamora”, un ristorante immerso nel Chianti, nel comune di Figline Valdarno a pochi passi da Firenze, quindi adatto anche a chi volesse fare una vacanza nella città di Lorenzo il magnifico o anche un week end. Situato su una collina che domina la vallata del valdarno, è un luogo d’incontro intimo, per nulla chiassoso, ospitale, dove la titolare accoglie in maniera unica i propri ospiti. Dotato anche di tre camere dove poter alloggiare, è un vero e proprio centro culturale che cerca di valorizzare quelle che sono le tradizioni e i prodotti del territorio. Il menù fisso permette di avere sempre pietanze con prodotti freschi, di stagione e di altissima qualità. Una serie di antipasti, dalla pappa al pomodoro alla ribollita, dal tagliere di affettati a quello dei formaggi freschi, dai crostini toscani alla polenta con il cinghiale. Due primi a seconda della stagione e carne alla brace a volontà, bistecca, tagliata, salsiccia, galletto ruspante, rosticciana e quant’altro. Per concludere, il dolce della casa, caffè e liquorini vari. Prezzo fisso venticinque euro, un rapporto qualità prezzo davvero eccezionale. Per chi avesse problemi di celiachia, la cucina offre la possibilità di usufruire dello stesso menù (anche il dolce!) e questo dimostra anche una certa sensibilità rispetto a questo problema. Concludendo, chiunque fosse interessato a far “visita” alla Perlamora ecco i riferimenti:  www.perlamora.it – 055951904 (prenotazione consigliata). Buon appetito!


mercoledì 16 novembre 2011

Soufflé di zucca

La zucca o la ami o la odi. Non c’è una via di mezzo.  Esistono decine e decine varietà di questo splendido ortaggio, che si presta benissimo a preparazioni sia salate che dolci. (e anche ornamentali). Il 94% è fatto di acqua, ma è ricca di vitamina , betacarotene e sali minerali. Insomma, un alimento davvero portentoso che può contribuire ad aiutarci ad affrontare il clima invernale, prevenendo e curando raffreddori e acciacchi vari. Per chi amasse particolarmente quest’ortaggio,  ecco a voi una ricetta deliziosa anche se un po’ laboriosa ma molto semplice.
Dosi per 4 persone:
500gr di zucca
60 gr burro
Una tazza di latte
Parmigiano reggiano qb
2 cucchiai fecola di patate
3 uova
Sale, pepe e rosmarino qb
Una cipolla rossa


Essendo la zucca ricchissima d’acqua, vi consiglio di tagliarla a cubetti e farla asciugare in forno. Fatela poi saltare e insaporire in una padella con la cipolla, con aggiunta di sale, pepe e rosmarino. Frullatela e una volta lasciata raffreddare aggiungete il burro, il latte, il parmigiano, la fecola di patate (che contribuisce a rendere il composto più omogeneo), le chiare d’uovo montate a neve e i tuorli. Una volta realizzato il composto infornate a 180 gradi per una mezz’ora. Ovviamente il tempo è relativo perché ogni forno ha caratteristiche differenti, quindi vi consiglio di  bucarla ogni tanto con uno stuzzicadenti o uno spaghetto per vedere il grado d’umidità interno. E allora…buon appetito!


martedì 15 novembre 2011

Nutella fatta in casa, una ricetta inedita!

Non ho mai incontrato nessuno a cui non piacesse la nutella. Ditemi quello che volete, ditemi che fa male, che è grassa, lanciatemi qualsiasi anatema, ma la mia difesa sarà strenua e senza cedimenti. Ovviamente con moderazione. Ed è per questo che ho deciso di postare una ricetta inedita che si avvicina moltissimo alla più nota crema spalmabile e che ho trovato scartabellando tra le ricette di mia mamma. Ed è fatta in casa e sapete cosa mangiate! Andiamo con ordine. 
Dosi per un bicchiere:
20 nocciole pelate e tostate (io ho usato la nocciola tonda dop di Giffoni – si trova nei supermercati di tutta italia)
6/7 amaretti
1 cucchiaio di cacao amaro
2 cucchiai di zucchero
1 tazzina di latte
1 tazzina olio di semi


Tritate finemente (il più possibile) le noccioline e gli amaretti. Aggiungete il cucchiaio di cacao e i due di zucchero. Poi alternate il latte con l’olio di semi continuando a mescolare fino a che il composto sia cremoso e ben amalgamato.  Nel caso vi accorgiate che è troppo liquida, aggiungete un goccio d’olio e volendo anche un po’ di cacao. Il risultato è meraviglioso, garantito dal viaggiatore!



sabato 12 novembre 2011

Salerno sapori: un percorso tra le tipicità gastronomiche salernitane

La “opulenta Salernum” negli ultimi venti anni sta conoscendo un nuovo rinascimento. Una trasformazione estetica, culturale ed economica che l’ha portata alla ribalta delle scene nazionali ma anche internazionali. Una città a misura d’uomo, sicura, incastonata tra la costiera amalfitana e quella cilentana, protetta dai monti lattari e bagnata dal mar tirreno. Ma anche una città da gustare, con i suoi prodotti tipici, i suoi piatti unici, le sue materie prime introvabili in altre aree geografiche. La provincia di Salerno raccoglie un’unicità di prodotti a marchio dop, docg, igp. Basti pensare al fagiolo di Controne al cece di Cicerale, alla mozzarella di bufala della piana del Sele, alle alici di Cetara e ad altre decine e decine di prodotti tipici. Nell’ambito di una sponsorizzazione della città di Salerno e del suo territorio, la confesercenti in collaborazione con il comune di Salerno ha realizzato un progetto denominato “Salerno sapori”, un circuito di ristoranti cittadini che proporranno menù realizzati completamente con i prodotti tipici della provincia di Salerno. Questo progetto si sviluppa nell’ambito del periodo “luci d’artista” (ben ventisette chilometri di strade illuminate!), manifestazione che sta portando nella città di San Matteo centinaia di migliaia di visitatori.










giovedì 10 novembre 2011

Linguine integrali di farro con funghi porcini

L'arrivo dell'autunno permette al nostro palato di ritrovare sapori importanti, decisi, inconfondibili. Castagne, cavoli, funghi, prodotti della terra ricchi di sostanze nutritive e protettive per il nostro organismo. Ovviamente la cucina trae molteplici vantaggi da questa stagione e non posso far altro che presentare un classico della cucina, con una piccola variante. Amo le farine alternative, o meglio, quelle meno conosciute e di minor utilizzo, che potrebbero e dovrebbero andare a sostituire quelle classiche, purtroppo super raffinate e con tanti difetti. Invece, l'unico difetto di questi prodotti è ricercabile nel prezzo. Questo piatto è di semplicissima realizzazione e con un gusto unico. Una sola raccomandazione: usiamo o i porcini freschi o quelli congelati (che riescono a mantenere le loro proprietà organolettiche). I funghi sottolio non mi sono mai piaciuti, tanto meno i porcini da utilizzare con la pasta.

Ma andiamo con ordine. Per quattro persone: 400 gr. di linguine integrali di farro, 300gr di porcini, due spicchi d'aglio, sale, prezzemolo, olio extravergine di oliva qb. Fate soffriggere i due spicchi d'aglio in camicia (in modo da rilasciare il loro sapore e profumo ma senza coprire i funghi) e appena imbionditi adagiate con delicatezza i porcini tagliati a cubetti, salate e lasciate cuocere per qualche minuto (i funghi non necessitano di una lunga cottura senno' rischiamo di sciuparli). Nel frattempo le linguine staranno cuocendo (tempo di cottura 7 minuti circa) e a metà cottura le trasferite nella padella dei funghi e finite la cottura risottandoli. Ogni tanto aggiungete un mestolo di acqua bollente in modo tale da tirar fuori tutto l'amico rimanente nella pasta in modo tale da creare una cremina. Mi è capitato anche nei ristoranti di trovare delle tagliatelle ai porcini con la panna, un vero orrore! Se vi piacciono cremosi sfruttate l'amido contenuto nella pasta e a metà cottura trasferite la pasta nella vostra base (ovviamente parliamo di basi senza pomodoro). Una volta cotti al dente, trasferiteli in un piatto piano e spolverizzate con prezzemolo fresco e...buon appetito!

mercoledì 9 novembre 2011

Fiori di zucca ripieni di ricotta di pecora e alici di Cetara

Ecco oggi per voi una ricetta facile, gustosissima e con poche calorie. Una raccomandazione: la materia prima! Affinchè possiate gustare a pieno questo piatto è assolutamente necessario utilizzare una ricotta saporita e delle alici italiane sotto sale. Nel mio caso avevo a disposizione una ricotta di pecora toscana e delle alici sotto sale di Cetara (incantevole paesino alle porte della costiera amalfitana, famoso per la pesca e la lavorazione del tonno  e della cosidetta colatura di alici). Sciacquate i fiori di zucca e staccatene il picciolo interno e le foglioline esterne con molta, molta cautela (essendo dei fiori sono molto delicati). Con altrettanta cautela riempiteli singolarmente con un’alice (debitamente privata del sale sotto acqua corrente) e con uno o due cucchiaini di ricotta (a seconda della grandezza del fiore). Una volta fatta quest’operazione, passate il fiore ripieno nella farina, poi nell’uovo sbattuto e infine nel pan grattato. Infine, adagiatelo su una teglia con della carta da forno. Per una quindicina di fiori di zucca, abbiamo bisogno di: 15 alici, 4 uova , farina qb, 350 gr. circa di ricotta di pecora, pan grattato qb. Una volta adagiati sulla teglia, facciamo un giro d’olio extravergine d’oliva e mettiamo in forno già caldo a 190 gr. per una ventina di minuti.



Per chi non fosse interessato alla questione calorie, invece che nel forno possiamo friggerli  in olio di semi e mangiarli caldi come un delizioso antipasto! Buon appetito dal viaggiatore.

lunedì 7 novembre 2011

Food and the city

Arrivare a  New York è come tornare a casa. Girare a piedi per la città e sentirsi parte di quelle strade, di quei grattacieli, di quella gente, è una sensazione indescrivibile. Arrivare di notte a bordo di uno yellow cab e scoprire Manhattan e le sue mille luci ti lascia senza fiato. La grande mela. E’ come incontrare un vecchio amico che non vedi da anni. Ti conosci attraverso la tv, scene viste e riviste migliaia di volte, i taxi gialli, il fumo che esce attraverso i tombini, i grattacieli, la statua della libertà. Visitare ground zero e sentirsi parte di quel popolo, andare ad Ellis Island e rivivere in prima persona il viaggio fatto da migliaia di emigranti a caccia del sogno americano.





E poi il cibo. Gli states non hanno una vera e propria storia gastronomica, ma alcune pietanze fanno oramai parte del nostro quotidiano e poi, mangiarle sul posto davvero non ha prezzo. A New York si può mangiare a partire da un dollaro, basta saper scegliere. Il consiglio che posso dare è quello di frequentare i cosiddetti  diners, ossia una sorta di bar dove puoi fare colazione fino a tarda mattinata e assaggiare quello che di più tipico può offrire la cucina americana: uova strapazzate, bacon, salsicce, pancake e quant’altro.  Sedersi sulle consunte poltrone simil pelle sorseggiando un caffè bollente, versando dello sciroppo d’acero sui vostri pancakes mentre osservate la città infreddolita da un vetro sarà come essere nella scena di un film! Per chi è amante degli hamburger sconsiglio il mc donald, i diners vanno benissimo, personalmente ho provato anche una catena che si chiama Hamburger heaven e mi sono trovato davvero bene.  Ovviamente non essendo una cucina “leggera” bisognerebbe andarci piano, ma una settimana o dieci giorni a New york in vacanza meritano anche un po’ di stravizi in tema culinario. Da non dimenticare poi i vari chioschetti che per strada servono caffè bollente (a proposito non dimenticare di fare anche un salto da starbucks) e hot dog giganti che mangiati al madison square garden guardando una partita di nba hanno un sapore veramente eccezionale!




Per chi avesse in programma una vacanza nella grande mela (nel periodo natalizio c’è un’atmosfera unica anche se il freddo si fa sentire) consiglio un sito dove trovare delle camere a prezzi ragionevoli con tanto di feedback di chi ci è già stato: www.airbnb.com


sabato 5 novembre 2011

La pasta e fagioli del viaggiatore


Lo ammetto, sono un pastaro, e uno tra i piatti che preferisco di più è la pasta e fagioli. Piatto tipicamente invernale, fumante, cremoso, saporito. I fagioli, la carne dei poveri, ricchi di proteine e di sali minerali, rendono al massimo quando vengono sapientemente cucinati con la pasta. Ne esistono circa cinquecento varietà, ma quella che preferisco cucinare con i tubetti è il fagiolo borlotto. Voglio condividere questa gioia del palato con voi. Ecco gli ingredienti (per 2/3 persone): un vasetto di fagioli borlotti, un paio di spicchi d'aglio, un mazzetto di prezzemolo, olio evo, due pomodori pelati e un pizzico di sale. Versate i fagioli borlotti con la loro acqua in una pentola capiente e aggiungete un altro vasetto d'acqua, gli spicchi d'aglio, i due pomodori pelati, il prezzemolo spezzettato, l'olio e il sale. Cuocete a fuoco vivo fino a quando il prezzemolo non si scurisce e appassisce.





Versate la pasta (a me piacciono i tubetti, ma vanno bene anche i tubettoni e, perche' no, se avete voglia di farvi dei maltagliati con acqua e farina) in questa gustosa minestra (la quantità di pasta varia a seconda dei vostri gusti). Lasciate cuocere la pasta ed eventualmente si secchi troppo aggiungete un bicchiere di acqua calda. Assaggiate, eventualmente aggiustate di sale e una volta cotta lasciatela risposare un minuto a fuoco spento e con il coperchio. Versatela in un piatto fondo con un giro d'olio e un pizzico di peperoncino. Poi mi direte...Buon appetito!

giovedì 3 novembre 2011

Breve diario di un viaggio nordafricano


Non amavo fermarmi in un unico posto per tanto tempo, non volevo invecchiare e avere il ricordo di un’unica cucina, conoscerne ogni segreto, ogni meandro fino all’esaurirsi delle novità, fino al prosciugarsi delle scoperte e dei tesori nascosti nella stanza delle provviste. Me lo potevo permettere. Ero un rom dei cinque sensi, li dovevo trasportare da un luogo all’altro, dovevo transumare per pascere la mia sete di novità, non avevo carrozzoni al seguito e questo mi permetteva di muovermi agilmente. Questo mio vagabondare da una cucina all’altra mi arricchiva sempre di più. Avevo iniziato a viaggiare da un capo all’altro del mondo, a conoscere nuove culture, nuova gente, gusti che difficilmente potrò dimenticare. Riconoscere le città dal loro odore, dai loro profumi caratteristici, dall’aria che si respira. Ogni città ha un’aria diversa. Sarà che ho il senso dell’olfatto maggiormente sviluppato, ma ogni qualvolta capito in una città nuova o ne visito una già conosciuta inspiro profondamente, al fine di espandere quest’alito vitale in tutto il mio corpo, così che ogni mia cellula possa riconoscere quell’odore e sentirsi un po’ come a casa sua. Ognuno di noi ha un proprio odore caratteristico, ogni essere umano ha due cose inconfondibili: le impronte digitali e l’odore della propria pelle. Non sono ammessi sosia, la natura non vuole. E così è per i luoghi. Riesco a percepire l’odore, i feromoni di una  città , la frizzantezza o la malinconia di un centro abitato solo inspirando. Un mio amico annusando i libri riesce a riconoscere la libreria di dove lo si è comprato solo dall’odore. Scherzi della natura.  Avevo delle preferenze, ovvio. I mercati orientali mi affascinavano tantissimo. In uno dei miei stanziamenti in africa settentrionale adoravo passeggiare per i quartieri della casbah e della medina. Al bando ogni forma di cartina e indicazione stradale, mi piaceva perdermi in quel dedalo di viuzze, in quei labirinti magici, affascinanti, unici al mondo. Solo i souk riuscivano a darmi quelle sensazioni. Camminavo lentamente, assaporavo ogni singolo metro della strada. In sacchi di iuta scorgevo ogni specie di spezia,di erba e di frutta secca, era come vedere la tavolozza di un pittore pronto a mettersi all’opera. Il nero dei semi di papavero che mescolati al miele avevano un sapore divino, il pepe di diversi tipi, grandezza e tonalità, dal verde al rosa pallido, il giallo oro della curcuma, dal colore del sole e con un sapore lievemente piccante ed estremamente volatile come un temporale estivo. L’inconfondibile odore della noce moscata, con il suo gusto dolce e il profumo di bosco, il coriandolo, il rosso accecante del peperoncino. Il profumo d’incenso e la musica frenetica degli artisti di strada donavano alla mia anima momenti di euforia, ma al tempo stesso di pace interiore. Camminavo e mi sentivo parte di quella cultura, di quella gente, di quei luoghi magici, affascinanti, pieni di mistero e saggezza. Pietre preziose, galli che lottavano strenuamente in piccole gabbie di legno, stoffe che avrebbero arredato chissà quale casa in chissà quale parte del mondo, sguardi fieri e al contempo sottomessi di donne che osservano il mondo da una fessura di stoffa, e non lo giudicavano. Mille colori, mille sfumature di una cultura millenaria, di gente che ha sofferto, che ha fatto conoscere al mondo i segreti dei numeri, dell’astronomia, delle scienze. Il momento che preferivo maggiormente era la sera. Quando potevo, affacciandomi dalla finestra del mio appartamento, riuscivo a sentire il profumo del deserto, il mio viso veniva accarezzato da una leggera bava di scirocco e il mio sguardo si posava sull’orizzonte. Immaginavo scene di mille e una notte, storie di principesse arabe e cavalieri erranti, di tuareg e nomadi del deserto, di un silenzio e di un cielo così scuro da poter contare le stelle ad una a una. Avvicinando i miei occhi alla città, ritornavo alla realtà svegliato dal luccichio di mille lampadine, da un vociare incessante e dal profumo delle braci ardenti e dei pentoloni fumanti che mi invitavano a uscire e a seguire le loro scie di vapore per soddisfare il mio palato. 

mercoledì 2 novembre 2011

Racconto breve di un viaggio di...vino

Ero seduto in cucina godendomi un bicchiere di vino rosso. Avevo appena stappato una bottiglia, la conservavo nella mia piccola cantina personale, quella che uso quando ho voglia di stare un po’ solo e godermi il silenzio e i tannini. L’avevo preso dolcemente tra le mani, come si fa con un neonato, lo avevo adagiato sul tavolo e ammirato. La mia era una vera e propria passione, un vero e proprio godimento dei cinque sensi. L’avevo stappato delicatamente ma con decisione, annusato il tappo e versato in un calice ampio. Mentre lo decantavo in un bicchiere profondo e abbastanza largo da contenere il mio naso, mi sembrava che respirasse, sentivo il suo alito vitale che si riempiva di ossigeno. Stava recuperando le forze, stiracchiandosi come appena svegliato da un lungo sonno, stropicciandosi gli occhi e facendo un gran sbadiglio. Eravamo io e lui, sinceramente franchi. Alla vista era di un  colore rosso rubino, come quegli anelli degli aristocratici di un tempo che cangiano con la prospettiva della luce e una tonalità porpora come una parata di  vestiti cardinalizi di una processione cattolica di grande importanza. All’olfatto  si percepiva un profumo vegetale intenso, quasi di sottobosco silenzioso e, avendo perso il carattere fruttato fresco, aveva sentori di spezie dolci come la cannella e di fieno tagliato. Lo avvicinai alla mia bocca come se stessi per baciare una donna schiva e ritrosa ma con un’ardente passione. Appoggiai le mie labbra al bicchiere ampio, chiusi gli occhi e mi preparai a godere. Un ruscello di nettare mi entrò nella bocca e ne invase tutti gli antri, tutte le mucose. Le papille gustative vennero inondate dal fluido rossastro e ne provocarono la loro eccitazione. Un caldo intenso mi partì dagli arti inferiori attraversando tutto il mio corpo e inondandomi il viso, come una fanciulla che arrossisce al complimento del suo unico amore. Un brivido mi percorse la schiena, tutte le mie membra erano rilassate, ogni centimetro del mio corpo stava godendo del nettare degli dei. La mia eroina rossa, il mio assenzio color porpora mi stavano donando orgasmi multipli e sensazioni estasiatiche. Sorso dopo sorso, lo sentivo attraversare la gola, scendere nello stomaco e risalire su, attraverso il suo profumo, nelle narici, donandomi attimi di pace, un vero nirvana. Pregavo un ipotetico Dio  al fine di farmi in dono, in qualche vita futura, di trasformarmi in quelle molecole per donare tutte quelle sensazioni ad un futuro degustatore come me. Volevo essere imbottigliato e stappato, ossigenato e goduto, fino all’ultima goccia!