martedì 6 agosto 2013

Visione autoironica di un food writer

Tra il serio e il faceto, tra il professionista e l’appassionato di cucina, tra il critico esperto  e il palato di amianto. Vi presento il food writer. Spesso e volentieri è un food blogger, raramente un professionista, a volte maniacale, altre disordinato nelle idee ma corretto nelle osservazioni, insomma varia umanità sdoganata dalla democrazia internettiana. Lo scovi facilmente al ristorante, si guarda intorno e immagazzina idee,  come uno scanner  passa tutto al setaccio, prende anche appunti (sul tablet, è così figo!), analizza il menù cercando punti di forza e di debolezza, conta gli ingredienti, quelli tipici, quelli d’importazione, e anche il prezzo dei piatti, ovviamente. Macchina fotografica alla mano, anzi, smartphone (perché è figo anche quello), giusta luce, giusta angolazione e poi via a pubblicare sui social (perché anche questo è figo). Coppie di fidanzati che a tavola copulano con i loro cellulari, con il loro tablet, facendo freddare i loro piatti e la loro passione pur di pubblicare foto e smaniosi di comunicare la loro posizione (l’unica contemplata nel loro rapporto).  E così un esercito di migliaia di critici subdolamente si insinua nei ristoranti, nelle case di amici pronti a farne carne da macello, non risparmiando neanche la mamma, perché oramai è superato il detto che dice che il miglior ristorante è la cucina di mamma’ (farebbe poco figo). E poi via a scrivere, a smanettare su internet, a pubblicare su instagram, su pinterest,  colmando ogni vuoto dell’immenso mondo del world “wild” web! E’ un duro lavoro, ma qualcuno dovrà pur farlo! E poi? E poi l’attesa vale quanto il risultato! Aspettare che qualcuno commenti, che qualcuno “mipiace” e stare lì ad aggiornare e aggiornare e aggiornare ancora per giornate e giornate.  E poi? E poi inizia una nuova giornata, dove non importa essere food writer o ristoratore, l’importante è  cominciare a correre!

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