Cosa vuol dire essere celiaci? Di
definizioni ce ne sono tantissime nel web. Ma al di là delle parole pronunciate
da esperti dottori, cosa succede nella mente di un individuo affetto da Morbo
Celiaco? Solo lui può raccontarlo. Così, essendo celiaca, voglio raccontare la
mia esperienza. Sono trascorsi tanti anni da quando ho stretto tra le dita
quella diagnosi, da allora nulla è stato semplice, perché mangiare è una
necessità quotidiana per vivere, e avere proprio nel piatto, in cucina o sulla
tavola il proprio nemico, non è facile. Sono trascorsi 13 anni da allora. Ora
sono serena e non ho più alcun problema, perché tutto è cambiato, a partire
dalle mie abitudini. Buona lettura.
“Breve
racconto di una dieta stravolta"
Avevo vent’anni
quando il gastroenterologo mi disse che ero celiaca.
Ricordo che mentre
me lo comunicava, rimasi seduta alla sua scrivania, senza fiatare, più del
dovuto. Lui dovette capire che una doccia fredda aveva gelato i miei pensieri
e, per tranquillizzarmi, smise di parlare dei cibi vietati e mi elencò le cose
che avrei potuto mangiare liberamente. Ma la mia attenzione si fermò a “da oggi
in poi non potrai mangiare pasta, pane e pizza”.
Uscì dalla clinica
piangendo. A farmi male era
l’idea di una malattia a vita, dalla quale non ci si può liberare.
Che qualcosa in me
non andasse era un dato di fatto, dal momento che dimagrivo progressivamente
sempre di più, fino a toccare i trentanove chili, e le analisi del sangue
risultavano allarmanti. Vomitavo sempre dopo aver mangiato e questo mi ha
causato non pochi problemi con i miei genitori che pensavano fossi anoressica,
bulimica o giù di lì. Ma a me della linea asciutta non importava: mangiavo
tanto e con gusto ogni pietanza che mi si presentava sotto al naso (si, perché
ogni volta che mangio, soprattutto cose nuove, ho il vizio di cominciare ad
assaporare con il naso; devo sniffare l’odore per capire se alle papille
gustative piacerà!).
In media, divoravo
200 gr di pasta “normale” ogni giorno, tra pranzo e cena. Adoravo tutto ciò che
era fatto con farina: focaccia, pizza, pane, dolci. Dire che ero una
simpatizzante dei carboidrati è sminuire quella che era una vera e propria
passione! Passione traditrice, perché più mi cibavo di quelle cose che amavo,
più loro mi logoravano dall’interno. Subdolamente mi stavano distruggendo
l’intestino, il fegato e tutti i valori fondamentali del sangue, esponendomi a
vari rischi, tra cui, il peggiore, il cancro all’intestino.
All’indomani della
gastroscopia e biopsia al duodeno e, quindi, del verdetto medico, mi svegliai
per fare colazione e seduta al tavolo non sapevo cosa mangiare. Non credo sia
semplice capire il dramma di chi solitamente spazzola via una rossetta con
burro e marmellata, per concludere una prima colazione cominciata con un mega
“zuppone” di latte e savoiardi. Mia madre mi allungò la mia tazza di tè
(all’inizio non potevo toccare neanche i latticini perché alle intolleranze
piace viaggiare insieme e dovevo fare altre analisi per capire se era anche il
mio caso). Nessun biscottino, nessun pezzo di torta alle mele, niente. Solo tè.
Inutile dire che la pancia brontolò tutta la mattinata!
Il pranzo a base di
risotto con funghi andò decisamente meglio. All’inizio fu davvero brutto,
perché nel Duemila ancora non esistevano tutti i prodotti alternativi senza glutine
che, invece, oggi si trovano in grande varietà praticamente ovunque. A rendere,
poi, il tutto più complicato erano le mie care vecchie abitudini, come il
panino all’olio farcito con la nutella alle quattro di ogni pomeriggio; oppure
la fetta di pane casereccio con i pomodorini freschi, basilico, sale e olio
paesano alle undici del mattino, mentre preparavo gli esami universitari.
Il giorno seguente,
il secondo da celiaca, un’amica di mia madre mi diede un pacco di pane e pasta
senza glutine del figlio celiaco e mi indicò la farmacia più fornita di questi
prodotti. La prima volta che mangiai quel pane ci rimasi male: già l’aspetto fu
deludente, ma quello che risultò tremendo fu il gusto. Per farvi capire: avete
mai mangiato il pancarré? Appena aperto il pacco, le fette sono fresche e
morbide, ma dopo qualche giorno si sfiatano e diventano tavolette di pane
vecchio, duro e dal gusto cattivo. Ecco! Questo era il sapore di quel pane
appena aperto il pacco. E non vi dico il giorno dopo cos’era diventato!
Ma ben presto capii
che il gusto è un qualcosa che si può plasmare e, per fortuna, dopo qualche
mese cominciai a tollerare i sapori dei prodotti sottovuoto che acquistavo
rigorosamente in farmacia a prezzi incredibili. Con il tempo sono riuscita
addirittura a trovare alcuni di essi gradevoli.
Per me era una vita nuova, diversa, un po’ più complicata. Dovevo evitare di dover mangiare fuori casa, quindi di andare fuori a cena con gli amici o con il ragazzo. Anche andare a casa di amici spesso diventava un incubo per via delle contaminazioni o delle cose che non potevo neanche annusare.
Sono nata e vivo a Salerno, una città campana dalla forte tradizione per la pasta e la pizza. Per i salernitani cenare con la pizza è un qualcosa del tutto naturale e molti lo fanno più di una volta a settimana. Per me tutto era cambiato, ma la pazienza è alleato del tempo e mi sono abituata a una vita priva di glutine.
Per me era una vita nuova, diversa, un po’ più complicata. Dovevo evitare di dover mangiare fuori casa, quindi di andare fuori a cena con gli amici o con il ragazzo. Anche andare a casa di amici spesso diventava un incubo per via delle contaminazioni o delle cose che non potevo neanche annusare.
Sono nata e vivo a Salerno, una città campana dalla forte tradizione per la pasta e la pizza. Per i salernitani cenare con la pizza è un qualcosa del tutto naturale e molti lo fanno più di una volta a settimana. Per me tutto era cambiato, ma la pazienza è alleato del tempo e mi sono abituata a una vita priva di glutine.
È stata dura, lo
ammetto, e ancora oggi, oggi che ho trovato alternative più che valide a tutti
i cibi vietati, oggi che trovo prodotti per me ovunque, oggi che la celiachia è
molto più diffusa e conosciuta, oggi che i ristoranti e le pizzerie hanno
intravisto un business accattivante nel cibo gluten free, ebbene, ancora oggi
quando passo nei pressi di un forno e l’odore di pane appena sfornato circola
in me, un senso di malinconia torna a pizzicarmi il cuore. Ma dura un attimo,
perché nella vita ci si abitua a tutto.
Rosanna Gentile