Ero seduto in cucina godendomi un bicchiere di vino rosso. Avevo appena stappato una bottiglia, la conservavo nella mia piccola cantina personale, quella che uso quando ho voglia di stare un po’ solo e godermi il silenzio e i tannini. L’avevo preso dolcemente tra le mani, come si fa con un neonato, lo avevo adagiato sul tavolo e ammirato. La mia era una vera e propria passione, un vero e proprio godimento dei cinque sensi. L’avevo stappato delicatamente ma con decisione, annusato il tappo e versato in un calice ampio. Mentre lo decantavo in un bicchiere profondo e abbastanza largo da contenere il mio naso, mi sembrava che respirasse, sentivo il suo alito vitale che si riempiva di ossigeno. Stava recuperando le forze, stiracchiandosi come appena svegliato da un lungo sonno, stropicciandosi gli occhi e facendo un gran sbadiglio. Eravamo io e lui, sinceramente franchi. Alla vista era di un colore rosso rubino, come quegli anelli degli aristocratici di un tempo che cangiano con la prospettiva della luce e una tonalità porpora come una parata di vestiti cardinalizi di una processione cattolica di grande importanza. All’olfatto si percepiva un profumo vegetale intenso, quasi di sottobosco silenzioso e, avendo perso il carattere fruttato fresco, aveva sentori di spezie dolci come la cannella e di fieno tagliato. Lo avvicinai alla mia bocca come se stessi per baciare una donna schiva e ritrosa ma con un’ardente passione. Appoggiai le mie labbra al bicchiere ampio, chiusi gli occhi e mi preparai a godere. Un ruscello di nettare mi entrò nella bocca e ne invase tutti gli antri, tutte le mucose. Le papille gustative vennero inondate dal fluido rossastro e ne provocarono la loro eccitazione. Un caldo intenso mi partì dagli arti inferiori attraversando tutto il mio corpo e inondandomi il viso, come una fanciulla che arrossisce al complimento del suo unico amore. Un brivido mi percorse la schiena, tutte le mie membra erano rilassate, ogni centimetro del mio corpo stava godendo del nettare degli dei. La mia eroina rossa, il mio assenzio color porpora mi stavano donando orgasmi multipli e sensazioni estasiatiche. Sorso dopo sorso, lo sentivo attraversare la gola, scendere nello stomaco e risalire su, attraverso il suo profumo, nelle narici, donandomi attimi di pace, un vero nirvana. Pregavo un ipotetico Dio al fine di farmi in dono, in qualche vita futura, di trasformarmi in quelle molecole per donare tutte quelle sensazioni ad un futuro degustatore come me. Volevo essere imbottigliato e stappato, ossigenato e goduto, fino all’ultima goccia!
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